Lo studio prevede una valutazione di danno al DNA, in linfociti di sangue periferico e in cellule della mucosa buccale di soggetti esposti a basse dosi di benzene, tutti occupati in un'industria petrolchimica, e confrontati con un rispettivo gruppo di controllo. A questo proposito sono stati identificati diversi biomarkers per valutare la suscettibilità genetica individuale associata ad un aumento del rischio. Quali indicatori di genotossicità (biomarcatori di effetto) sono stati impiegati due test: il comet assay ed il test dei micronuclei, l'uno come test di rilevamento di danno precoce, l'altro come test di danni citogenetici fissi. Il comet assay può dare informazioni di genotossicità diretta ma anche fornire dati sulla capacità dei composti di interferire con i sistemi di riparo della cellula, attraverso meccanismi epigenetici e genotossici indiretti. I processi riparativi del DNA sono specifici per il tipo di danno subito, infatti gli enzimi coinvolti nei processi di riparazione per escissione di una base danneggiata (BER) e la riparazione del nucleotide (NER) sono due meccanismi di riparo essenziali per la cellula che permettono di riconoscere e rimuovere danni di tipo ossidativo o grosse lesioni indotte da agenti alchilanti. La versione alcalina del comet test è uno tra i più sensibili test di genotossicità nel riconoscere i danni al DNA causati dagli agenti ossidanti e questo metodo può essere ulteriormente modificato utilizzando delle glicosilasi, come la formamidopirimidina glicosilasi (Fpg) ed Endonucleasi III (Endo III), enzimi critici nei processi di riparazione in quanto operano escissione delle basi alterate, ed il sistema BER è particolarmente efficiente nel riconoscere e riparare queste piccole alterazioni del DNA.